LA NOTTE DELLA DIAZ

FALSE MOLOTOV DOPO IL PESTAGGIO: PROMOSSI

Era e rimane difficile spiegare che la polizia, le forze dell’ordine in generale non erano e non sono quelle viste in azione venti anni fa a Genova a cancellare una generazione di speranze dalla politica.
Oppure quelle di piazza Corvetto a Genova dove lo scorso anno un giornalista (Stefano Origone, di Repubblica) è stato massacrato di manganellate mentre faceva il suo lavoro che, un anno dopo, in sede di
indagine e di processo affermano che il giornalista era confondibile con un manifestante. Scrivendo un’equazione assurda: un giornalista (forse) non è bastonabile, un cittadino qualsiasi in piazza sì? È difficile sostenere la tesi delle mele marce quando il cesto si ingrossa e coinvolge diverse forze dell’ordine con i casi dei troppi (fosse anche solo uno) maltrattati o, peggio, deceduti mentre sono in stato di arresto.

È difficile anche per chi come noi ha lottato e sostenuto quei poliziotti, finanzieri, carabinieri, militari quando giustamente chiedevano diritti, contratti, l’essere considerate persone con i loro nascenti sindacati o comitati di rappresentanza.
È difficile perché “l’istituzione” dopo avere fatto (sincera?) ammenda a distanza di anni, a distanza di anni continua a promuovere i responsabili delle nefandezze delle giornate del G8 a Genova.

L’ultima promozione dopo che anche molti alti funzionari sia processati sia
quantomeno “politicamente” responsabili erano stati promossi ha interessato due figure particolari, la cui responsabilità evidenziata dai processi è stata per certi aspetti ancora più odiosa e vergognosa. Quella di avere costruito delle false prove a sostegno dell’irruzione e dei pestaggi delle 93 persone che si trovavano nella scuola. Ovvero avere “portato” una molotov nella scuola poi esibita nella conferenza stampa.
La giustificazione è stata, hanno scontato la sanzione e la condanna.
Certo, rimanendo nei ruoli come molti altri, come tutti quelli che sono stati in silenzio vent’anni fa e ancora oggi perché quelle marce erano, viste le
promozioni durante e dopo i processi, molto più di un gesto a partire dai massimi livelli. La credibilità non è solo immagine, ma sostanza.
Ma. Zin.

L’ ANPI Nazionale: « Scelta che mina la credibilità delle istituzioni »

Abbiamo apprezzato la ammenda pubblica da parte dei vertici della Pubblica Sicurezza nella circostanza della cosiddetta “macelleria messicana” verso tanti pacifici manifestanti a Genova nei fatti del 2001.

A maggior ragione rimaniamo turbati dalla recentissima nomina a vicequestore di due funzionari condannati in via definitiva proprio per quei gravissimi fatti. È vero che i colpevoli hanno scontato le sanzioni comminate dall’Autorità giudiziaria, ma stupisce che rivestano ancora una divisa onorata che in nessun caso dovrebbe essere macchiata; oggi addirittura viene loro attribuita una promozione di grado, dove la “procedura amministrativa obbligata” si scontra con un rigore morale e civile che non dovrebbe mai mancare nelle istituzioni.

Ci sembra fra l’altro ovvio che le promozioni debbano premiare anche il merito e il pieno rispetto del mandato istituzionale delle forze dell’ordine. Non è stato così. È una questione di buon senso. In un momento così difficile per il Paese, tutti dovrebbero fare la loro parte per rafforzare la credibilità delle istituzioni democratiche.

Ci aspettiamo da parte del Ministro dell’Interno e del Capo della Polizia un comportamento conseguente e coerente.
LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI
5 novembre 2020

Alcune riflessioni in corsivo dopo aver letto i giornali

di Bruno Marengo*

Numerosissimi banchi di “sardine” hanno invaso le piovose piazze d’Italia con la loro ironica ribellione all’odio, al razzismo, all’onda inquietante della
destra estrema. Difficile compiere paragoni a ritroso, come molti intenderebbero fare con “girotondi”, “popolo viola”, piazze del fu “vaffa”.

La ricerca è quella di un luogo collettivo in cui riconoscersi, nel vuoto di comunità che è la società dell’individualismo. Come scrive Concita De Gregorio su “Repubblica”: andare in piazza nel mondo reale è più scomodo che insultare al pc. In quelle piazze, accanto ai giovani promotori sotto gli ombrelli, c’erano centinaia e centinaia di nonni, genitori, nipoti, uomini e donne, vecchi e giovani. Con la loro pacifica ribellione a chi “per troppo tempo ha ridicolizzato argomenti serissimi”; per la “bellezza”, per la “non violenza, la creatività e l’ascolto”, senza smettere di credere nella politica e nei politici con la “P maiuscola”.

Fa bene ascoltare “Bella ciao”, la canzone dell’Antifascismo, cantata in tutte le piazze del Paese. Ancor più, dopo le vergognose vicende, segnate da un antisemitismo risorgente, che hanno colpito una esemplare testimone delle barbarie nazifasciste quale è Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, cui va tutta la nostra solidarietà.

Ambiente (di drammatica attualità a causa dei disastri provocati dai cambiamenti climatici, dall’incuria, da uno sviluppo abnorme tutto teso al profitto), pacifismo, femminismo, civismo contro le trite liturgie degli slogan alla caccia del nemico di turno per raccattare cinicamente dei voti, delle battute volgari, dell’agitazione strumentale di problemi che andrebbero affrontati con ben altra consapevolezza ed onestà politica, della perdita di umanità.

Per affermare un’idea di futuro fatto di tolleranza, di uguaglianza, di giustizia sociale; per il dialogo, il rispetto, i contenuti, i valori costituzionali. Dobbiamo prendere coscienza di quanto sta avvenendo e della necessità di riempire i vuoti che ci sono stati, in Europa e nel mondo, per responsabilità diverse. “Fridays for future”, i movimenti femministi, mobilitazioni civiche
come quelle delle sardine, organizzazioni e cittadini impegnati sul terreno della democrazia, della difesa della libertà, dell’ambiente, dei diritti sociali,
dell’accoglienza e dell’integrazione, della lotta alla povertà e per il lavoro, devono trovare un’interlocuzione politica e progettuale.

“Nessuno può essere indifferente davanti al dolore di milioni di uomini e donne che ancor oggi continua a colpire le nostre coscienze; nessuno può essere sordo al grido del fratello che chiama dalla sua ferita; nessuno può essere cieco davanti alle rovine di una cultura incapace di dialogare”, ha esortato Papa Francesco dal Giappone, tappa del suo viaggio apostolico internazionale.

E’ arrivato il momento, per chi aveva cessato di farsi sentire e per coloro che per la prima volta si affacciano nella sfera pubblica, di ritrovare voglia
e gusto dell’intervento collettivo, di saper porre il “noi” davanti all’ “io”. I partiti, i sindacati, le grandi organizzazioni per i diritti sociali, i democratici
tutti, devono avere capacità di ascolto, di organizzazione, di proposta, guardando all’Europa e al mondo.

Il populismo è una forma di neutralizzazione del potere delle masse, paradossalmente in nome delle masse. La nostra è un’idea di popolo inteso come società democratica e cosciente. Questa è la sfida per un domani migliore che bisogna saper raccogliere. L’impegno della sinistra deve essere quello di concorrere a costruirlo questo domani, lasciando perdere le recriminazioni, le polemiche pretestuose ed autolesionistiche. Guardandosi attorno, collaborando con le forze progressiste, ricostruendo plausibili ragioni per un progetto rivolto al futuro.

L’ANPI ci sarà, come sempre.

Spotorno, li 24 novembre 2019
*Direttore editoriale de “I RESISTENTI”

Smuraglia alle “sardine”: “La vera rivoluzione pacifica è la piena attuazione della Costituzione”

Lettera aperta del combattente per la libertà e Presidente emerito dell’ANPI, Carlo Smuraglia

Care “sardine”, sto seguendo le vostre iniziative, con l’attenzione dovuta a tutto ciò che si “muove” in questa società, troppo statica e troppo spesso legata ad antiche prassi ed abitudini.

Non ho nulla da suggerirvi e da proporvi, non solo perché non ne avete bisogno, ma perché sarebbe sbagliato. Ognuno ha il diritto – dovere di prendere in mano il proprio destino, così come molti di noi hanno fatto con la scelta partigiana nell’ormai lontano autunno del 1943.

Gli sbocchi sono sempre incerti ed indefinibili a priori e nessuno ha il diritto di interferire, ferma restando la speranza che ne esca qualcosa di positivo per il complesso della vita politica e sociale italiana, così insoddisfacente per molti di noi (e di voi, credo).

Ho notato, però, un particolare che mi è parso assai interessante: durante la manifestazione svoltasi a Milano si sarebbero letti dal palco, alcuni articoli della Costituzione. Non so quali, perché ero a casa per una indisposizione che mi impediva di uscire in una giornata di pioggia. Il fatto, però, mi è sembrato positivo perché rappresenta quello che spero possa essere una premessa dello sviluppo delle iniziative che continueranno a svolgersi in tutta Italia.

Sostengo da tempo, come disse molto tempo fa Piero Calamandrei, che nei momenti difficili del Paese, il punto di riferimento deve essere la Costituzione. E’ questa che deve illuminarci, nei periodi più ardui e complessi, come punto di riferimento di ogni azione, perché la Costituzione è di tutti. Io credo che già la lettura dei primi dieci articoli della Costituzione costituisca da sola un vero e proprio indirizzo per le azioni individuali e collettive.

Ma sono anche convinto che l’intero “spirito” della Costituzione debba essere colto come un indirizzo, un “faro” che può guidarci, appunto quando tutto appare difficile e complicato e quando occorre individuare le vie d’uscita da un sistema che non riesce più a soddisfare i bisogni, i desideri, le attese della gente.

Ma c’è ancora una cosa su cui desidero richiamare la vostra attenzione. E’ pacifico che questa Costituzione si compone di affermazioni di valori, di princìpi e di impegni solenni per garantire l’effettività dei diritti, della uguaglianza e degli stessi valori concentrati soprattutto nella prima parte. Ebbene, la non attuazione di moltissimi di questi impegni è sotto gli occhi di tutti (dal lavoro, all’ambiente, alla tutela del patrimonio artistico, allo sviluppo della cultura, alla realizzazione di una vera “pari dignità sociale” e così via).

La sola attuazione di questi aspetti fondamentali della Costituzione rappresenterebbe un cambiamento sostanziale del sistema politico e sociale, un miglioramento della convivenza civile, uno sviluppo della rilevanza della persona e della sua dignità: insomma, una vera rivoluzione pacifica. E’ un profilo importante, che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, per ogni possibile sviluppo.

Se intervengo su questo punto, lo faccio per convinzione personale (del resto, ho pubblicato due anni fa un libro con un titolo significativo: “Con la Costituzione nel cuore”) e per indicare una possibile e forse necessaria via di approfondimento.

Leggete dunque queste parole non come una interferenza, che non mi permetterei mai, ma come una sollecitazione a riflettere su un punto importantissimo della vita nazionale, verso la quale voi stessi avete espresso un segnale inequivocabile di attenzione.

Cari saluti e molti auguri, Carlo Smuraglia,
Presidente emerito dell’ANPI Milano

3 dicembre 2019

SVELATO IL FALSO DI MONTE MANFREI

Monte Manfrei: mausoleo per un eccidio mai avvenuto

«Il cippo commemorativo posto sul monte Manfrei celebra un eccidio mai avvenuto». A dissipare ogni dubbio sulle tante versioni che circolano in rete sulla presunta uccisione di 200 soldati della San Marco da parte dei partigiani, nella zona del Manfrei, sono i risultati della ricerca storica svolta del collettivo Bourbaki e presentata durante una serata organizzata dall’Assemblea antifascista e antirazzista di Villapiana, in collaborazione con l’ANPI di Savona, nella sala della S.M.S Generale di Villapiana.

Una ricerca cominciata per caso, seguendo gli articoli legati al caso Giuseppina Ghersi, su cui il collettivo sta lavorando, che ha portato i ricercatori alla scoperta dell’esistenza di alcune storie legate al monte Manfrei. Racconti che non coincidono mai nei fatti, nei tragitti o nelle date, i giorni dopo la liberazione.

«Solo su un punto le versioni concordano, affermando che 200 marò vennero uccisi e sepolti nella zona dai partigiani – hanno spiegato Carlo e Tommaso, del Bourbaki, durante l’esposizione della serata – ma incrociando tutti i dati e gli archivi delle vittime, sia quelle riconosciute che quelle ignote, meno di dieci risultano uccisi tra il 24 e il 29 aprile in quella zona e otto furono effettivamente i repubblichini fucilati dai partigiani, in quelle date. Inoltre – prosegue Tommaso – tra Urbe e Sassello, se si considera tutto il periodo della guerra di Liberazione, si arriva al massimo alla somma di 116 deceduti, perciò nemmeno in un arco temporale così grande si arriva vicini alla cifra indicata dalle storie sul Manfrei».

Ma la verifica condotta dal collettivo non si è fermata ai soli archivi della Rsi. «Il punto di partenza di una ricerca è che “un affermazione non è tale se non può essere confutata” e questo vale soprattutto per le nostre verifiche – spiega Tommaso – per questo non ci fermiamo ai soli archivi ma consideriamo tutti gli aspetti, come gli archivi fotografici, la cartografia, calcolando i tempi per gli spostamenti dei battaglioni e le difficoltà di allora e incrociandoli con i dati dei movimenti dei partigiani e dei nazifascisti nei giorni della liberazione e le testimonianze dirette».

E proprio da queste testimonianze è noto l’arresto del battaglione della San Marco nella zona di Urbe ad opera dei partigiani che erano posizionati in quei luoghi «I Marò vennero rinchiusi nella Villa Romana – ha raccontato Faustina Siri, la maestra di Urbe, oggi 94enne, che ha sempre smentito
l’eccidio – consegnarono le armi per poi essere portati a Vara, questo è ciò che dichiaro da allora perché lo vidi con i miei occhi»
. In seguito il battaglione fu trasferito e confinato nel campo di concentramento di Coltano. Una testimonianza che trova riscontro anche dagli atti degli americani, che citano i 200 soldati portati a Vara e dallo stesso tenente
del battaglione, Giorgio Giorgi, che sulle pagine del diario della San Marco, pubblicato nel ‘98 sulla rivista dei marò, parla delle consegne e del trasferimento, prima a Sestri e poi nel campo di concentramento in Toscana.

«Lo stesso generale Farina, nel riportare i caduti, durante quel periodo, non arriva lontanamente al numero di 200 – racconta Tommaso – ecco perché possiamo affermare che sul monte Manfrei non avvenne nessun eccidio ad opera dei partigiani. Questo non significa non tenere conto della complessità di quel periodo – conclude Tommaso – lo scopo del nostro lavoro è quello di smascherare le bufale che, anche attraverso il web, vengono pubblicate con il solo scopo di porre sullo stesso livello la violenza e il terrore dei nazifascisti, coordinati da esercito e istituzioni, per anni, con quelli che furono regolamenti di conti nei giorni successivi alla liberazione».

Al termine della serata ha preso la parola Iuri Patrone, figlio del capo-partigiano “Triste”, presente proprio in quei territorio durante il conflitto e accusato, in alcune versioni, di essere il mandante dell’eccidio.

«Mio padre ha sempre negato la storia del massacro, per tutta la vita. E per questo subì
minacce e insulti rivolti anche alla propria famiglia. Ha passato gli anni che gli rimanevano dormendo con una pistola sotto al cuscino, tanto era la preoccupazione per le minacce ricevute – ha raccontato Iuri – anche per questo scrisse un libro in cui ha raccontato il periodo della guerra, dove chiarisce tutte le vicende legate a quei giorni. E stasera ancora una volta, si è dimostrato che sul monte Manfrei non avvenne nessun massacro – ha concluso Patrone – le lapidi posizionate in quel luogo andrebbero rimosse e i rappresentanti delle istituzioni, che partecipano a quelle false commemorazioni, dovrebbero essere allontanati dalle stesse istituzioni pubbliche».

Il libro scritto dal partigiano Patrone si intitola “Triste, storia: episodi di Resistenza partigiana: la vicenda di Olbicella e verità su Monte Manfrei”. Il risultato delle ricerche e la documentazione analizzata dal collettivo riguardo i fatti di monte Manfrei sono disponibili online su www.wumingfoundation.com/giap Il collettivo Bourbaki segue un metodo di lavoro basato sulle linee guida dello storico francese Marc Bloch. Un metodo storico-critico riassunto nella guida “Questo chi lo dice? E perché?”, pubblicata anch’esso online e disponibile gratuitamente sul sito www.wumingfoundation.com.

A.C.